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Volontariato e benessere

Matteo, 65 anni, oggi è in pensione, ha sempre lavorato in proprio, era un piccolo imprenditore. Si definisce benestante, ha potuto acquistare ciò che desiderava senza problemi, ha una famiglia che lo sostiene. Amici e dipendenti hanno sempre avuto di lui un’opinione positiva, basata sulla stima e sul rispetto. Matteo si definisce una persona che ha basato la propria vita principalmente sulla produttività della sua azienda. L’incontro col mondo del volontariato è accaduto per caso, gliene parla con entusiasmo un conoscente che da alcuni anni dedica del tempo agli anziani bisognosi di cure presso le loro abitazioni o presso strutture ospedaliere.
Matteo sente di voler dare un senso diverso, più profondo al proprio tempo, sente il bisogno di perseguire nuovi ideali in cui riconoscersi appieno.
Sente di essere stato fortunato nella propria vita, ora l’immagine che si è costruito di sè non lo rappresenta più, prova il bisogno di combattere per qualcosa che non sia semplicemente l’accumulo di beni materiali.
Si iscrive dunque alla medesima associazione e comincia ad occuparsi di anziani intorno agli ottant’anni.
l’esperienza rappresenta per lui una notevole sfida e al contempo una incommensurabile occasione di crescita personale.
Si confronta col dolore fisico, col rifiuto, con la povertà, con un mondo lontano dal proprio che lo catapulta in una realtà difficile e al contempo stimolante.
L’esperienza che gli era propria era quella della gestione aziendale, nell’ambito dei rapporti umani si sente a disagio, incompetente, prova la sensazione di non essere all’altezza, si domanda se sta fallendo, poi però dopo un periodo di sei mesi di attività in cui spende sei ore settimanali al servizio delle stesse persone, comincia a sentirsi come mai prima, prova gioia nel vedere che il proprio impegno ha reso migliore la vita di coloro di cui si occupa.
Vede nei loro occhi, nel loro sorriso, ciò che stava cercando, prova un benessere profondo, il lavoro lo gratifica come mai prima.
Questo lavoro è gratuito è il frutto di una libera scelta non deve farlo come accadeva per i lavori precedenti, ora per dare un servizio migliore al suo prossimo segue corsi di primo soccorso e ha ricominciato a studiare.
L’esperienza di Matteo è esemplificativa di come favorire nel nostro prossimo uno stato di benessere, sia motivo di felicità frofonda, nel nostro prossimo noi ci rispecchiamo e allevindo le sue sofferenze ci occupiamo al contempo anche di noi.

Ho deciso: cambio lavoro

Marta, 30 anni, vive in un ambiente di lavoro ostile da ormai un anno, le colleghe in ufficio sono molto critiche, non perdono occasione per deriderla appena si allontana… non veste in modo consono al posto di lavoro, non svolge con efficienza i compiti affidatele, non è sufficientemente veloce nel portare a termine le pratiche, sono alcune delle accuse mossele. Le colleghe, oltre a metterla continuamente a disagio, non le illustrano il lavoro da svolgere, Marta infatti è alla prima esperienza in quel settore, si sente spaesata, pur manifestando grande impegno e dedizione, avrebbe bisogno di un supporto da parte delle colleghe, tutte più grandi di lei di almeno venti anni e tutte assunte lì da almeno 10 anni.
Parlando con Marta si evince che ella è l’unica in quell’ufficio munita di laurea, l’unica che parla fluentemente francese e inglese, ciò ha portato la direzione centrale della ditta ad affidarle da subito compiti di grande responsabilità, gratificanti incentivi economici e possibilità di carriera. In ufficio ormai da anni si eran instaurate tra le persone che vi lavoravano, particolari equilibri, gerarchie non legate al livello di inquadramento reale ma all’anzianità e Marta, pur non avendo consapevolmente fatto nulla per urtare gli animi delle colleghe aveva destabilizzato l’ordine e le regole non scritte di come ci si rapporta l’un l’altro in quell’ufficio.
Marta sta molto male, in quel luogo di lavoro trascorre 8-10 ore di lavoro ogni giorno e alzarsi al mattino per recarsi là è diventata una condanna da cui volersi sottrarre nonostante lo stipendio sia alto.
La storia di Marta è solo uno dei molti racconti di vita lavorativa in cui si possono emotivamente identificare tutti coloro che, per ragioni differenti, vivono con sofferenza l’idea di affrontare la propria giornata di lavoro.
Capita spesso che, come è  accaduto alla nostra protagonista, la persona si senta impotente dinanzi ad una situazione che vive come impossibile da gestire, non sente di aver scelta.
Nell’indecisione sul da farsi il tempo passa e si continua a rimandare qualunque azione possibile, si ha paura di compiere un passo falso dunque si attende il momento giusto, quello più favorevole, che però non arriva.
Ci si sente fermi, cristallizzati lì e ogni giorno la forza per reagire viene meno.
Compaiono stati di malessere fisico di varia natura, mal di testa, nausea, dolori articolari… stati d’ansia ecc.
il corpo e la mente si indeboliscono contribuendo ad affievolire la forza vitale dell’individuo, la sua capacità di analizzare con distacco e a fondo la situazione.
Se si vive una situazione di disagio sul posto di lavoro è importante prenderne atto e agire il prima possibile.
Essere coscienti giorno per giorno del proprio stato di benessere, imparare a riconoscere i segnali inviati dal corpo, ci permette di fare prevenzione. Elencare in forma scritta i motivi di disagio aiuta a ragionare meglio su ciascun punto:

  •     da quanto tempo il lavoro non mi soddisfa?
  •     abito lontano dal posto di lavoro?
  •     è mal retribuito?
  •     non è in rapporto al mio titolo di studio?
  •     le ore di lavoro sono troppe?
  •     il responsabile è incoerente, irascibile, ha sbalzi d’umore e si rivolge alle persone con toni bruschi?
  •     i colleghi sono ostici?

Prendere in mano la situazione, sentirsi soggetto attivo e non passivo della propria vita, cominciare ad agire non importa da quale punto significa comunicare a se stessi che non si è più nella condizione “stasi” ma in quella “divenire” indipendentemente dall’obiettivo.
Bisogna agire contemporaneamente su tre front:

  1.     i punti precedentemente elencati, l’obiettivo è conservare il lavoro precedente;
  2.     la propria formazione, l’obiettivo è mantenersi aggiornato, esplorare nostre nuove potenzialità anche in ambiti da noi non ancora sondati, per sviluppare nuovi sogni e prospettive;
  3.     cercare un nuovo posto di lavoro in modo serio, esplorando davvero tutte le possibili strade.

Spesso infatti alla domanda diretta “Come hai cercato lavoro?” si scopre che, in realtà il curriculum non è stato preparato in modo corretto, sono stati inviati pochi curricula, sono stati sondati solo pochi canali di contatto col mondo del lavoro.
I motivi? Si teme di essere troppo anziani, poco preparati, si teme sia solo una perdita di tempo… “il settore è saturo”, “adesso tanto, c’è la crisi”, “ho bambini non mi vorranno”… ci si è etichettati dunque si parte sconfitti in partenza, non si cerca lavoro con convinzione, ci si arrende alle prime difficoltà perchè la nefasta profezia si autoavvera.

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