Categoria: bassa autostima

Dipendenza da videogiochi.

Francesco ha 17 anni, da un anno a questa parte passa quasi tutta la sua giornata davanti al computer a giocare ai videogiochi, spesso si rifiuta di andare a scuola, quest’anno ha fatto moltissime assenze, i genitori sono disperati, non sanno come agire, ormai i rapporti tra loro e Francesco sono improntati su urla e litigi, il padre ha provato a sequestrare il dispositivo ma a ciò il ragazzo ha reagito con una vera e propria crisi di astinenza, arrabbiandosi, distruggendo gli oggetti della stanza…in un momento successivo i genitori sono riusciti a far ammettere a Francesco che ha bisogno di aiuto e a convincerlo a venire in terapia. Francesco accetta di buon grado l’ora di terapia, racconta di come si senta finalmente bene solo quando è un personaggio…è altro da sè, nella vita reale non si sente bene con se stesso e non si sente bene con gli altri. E’ da qui che partiamo a lavorare, sulla differenza tra vita reale e vita fittizia, analizziamo tutti i ricordi del passato in cui si è sentito accettato e valutiamo la possibilità che questo possa nuovamente accadere, analizziamo come vede i suoi amici e compagni di classe, l’immagine che ha di loro e di se stesso in rapporto a loro, analizziamo il rapporto con l’altro sesso.

Piano piano sento in lui la voglia di uscire dal proprio guscio, riprende in lui la voglia di giocare a calcio, comincia a parlarmi di una ragazza, tanto più la vita reale diventa appetibile agli occhi di Francesco tanto meno sono le ore che dedica ai videogiochi, l’allenatore lo valorizza in campo, entra in una compagnia, avanza il desiderio di un viaggio a Londra, si sente padrone della propria vita e ha voglia di pilotarla verso progetti futuri, cosa che prima sembrava impossibile, a vivere prima erano i suoi personaggi non lui, erano loro ad avere una vita interessante, esaltante e vincente.

Ho impostato la terapia con sedute monosettimanali di un’ora. Ho effettuato anche alcune sedute con ciascun genitore visto singolarmente per poter analizzare le dinamiche tra i genitori e tra loro e Francesco e poter dare loro consigli su come comportarsi. Il percorso ha richiesto cinque mesi, in questo caso specifico.

Affrontiamo il sovrappeso in terapia.

Maddalena ha vent’anni studia all’università proprio ciò che le piace e lo fa con profitto ma è molto ansiosa, ogni esame per lei è un tormento, non ha fiducia in se stessa, teme il giudizio altrui, dopo essere uscita con gli amici pensa a lungo ad ogni parola detta per paura di aver sbagliato qualcosa, la sera a volte ha attacchi di pianto, questo senso di disagio che spesso la attanaglia trova conforto nel cibo. Maddalena conosce tutto sulla sana alimentazione, ha letto molti libri, ha consultato nutrizioniste, tuttavia non riesce a seguire la teoria, mangia in modo disordinato soprattutto cibi dolci.

Finalmente ha deciso di venire in terapia dopo due anni in cui aveva provato ad agire sul problema solo agendo sul versante alimentare, insieme abbiamo optato per un approccio psicodinamico andando a lavorare sui traumi infantili, sul rapporto genitoriale, sullo sviluppo della sua personalità, andando a rafforzare la sua consapevolezza di sè, il percorso ha richiesto in questo caso specifico sette mesi di lavoro, al termine dei quali Maddalena ha ripreso in mano la sua vita con più gioia, riacquisendo il controllo dei propri comportamenti alimentari e acquisendo più sicurezza nei rapporti interpersonali.

La parola ai giovani

Il professor Galimberti raccoglie in questo testo una serie di lettere scritte a lui dai giovani riguardanti il futuro, i sogni, l’entusiasmo di chi desidera dedicarsi all’arte e alla cultura e ci regala uno spaccato positivo di giovani che sanno scrivere meglio dei loro professori, che sanno fare analisi puntuali della situazione socio politica attuale, che rivendicano valori per cui vivere, che si affacciano con rispetto al mondo del lavoro delusi dai colleghi adulti che vivono il loro mestiere come mera routine senza minimo coinvolgimento emotivo (lettera di una giovane violinista).

Sono ammirata da questi giovani capaci di sostenere i loro genitori in questo particolare momento di crisi lavorativa e contemporaneamente in grado di mantenere uno sguardo positivo sul mondo. Questo testo capovolge l’immagine  negativa che i media vogliono dare dei nostri ragazzi. Il futuro è di questi giovani tesisti appassionati, indomiti sognatori, lavoratori instancabili, capaci di prendersi quella vita e quel futuro che si cerca in tutti i modi di negare loro.

Che cos’è l’amore. Non fidarti dell’istinto in amore.

Martina giunge in terapia completamente sconvolta, ha una relazione da tre anni con Matteo un uomo di vent’anni più grande di lei, la storia tra loro non è felice ma lei non riesce a lasciarlo. Matteo è un libero professionista molto affermato in campo artistico e Martina avrebbe voluto apprendere da lui tale arte ma Matteo è molto geloso dei suoi segreti e non le ha insegnato nulla..anzi la sminuisce di continuo, la umilia non fa che decantare quanto lui alla sua età fosse performante, Matteo la relega a ruoli secondari, non le dà attenzioni e sfoga con urla e lancio di oggetti le frustrazioni della sua giornata.

Cerco con Martina di capire cosa ami di lui facendo domande mirate e la risposta è sempre “no”. “Ti coccola?, Ti stimola culturalmente? Ti conivolge nelle sue uscite con gli amici? Ti dice cosa apprezza di te?…Le domande sono tante ma la risposta è sempre “no”. Ora ciò che è importante capire è perchè Martina sente il bisogno di stare con quest’uomo che la fa sentire una nullità, che la relega nei suoi ritagli di tempo, che non la coinvolge nelle sue relazioni sociali. L’istinto la spinge verso di lui, lei si sente innamorata di lui. La risposta sta in una coazione a ripetere, c’è stata nel passato di Martina una relazione che non è andata a buon fine e che il suo inconscio la spinge a ripetere affinchè abbia finalmente un esito diverso, una relazione tra lei e la madre, tra lei ed il padre, oppure una relazione che i genitori di Martina avevano tra loro o con altri significativi…un tipo di relazione che l’inconscio di Martina vuole capire vuole dominare…vuole risolvere, dunque Martina non è davvero innamorata di quest’uomo ma quest’uomo è solo un mezzo per risolvere altro. Nel caso specifico abbiamo individuato nella relazione che la madre di Martina ebbe con un uomo che non era il padre, ciò che l’inconscio di Martina voleva comprendere rivivendola, la madre di Martina era fuggita con quest’uomo quando lei aveva solo 11 anni e poi questa relazione si era rivelata distruttiva per la madre proprio per le caratteristiche dell’uomo in questione, caratteristiche molto simili al suo attuale compagno. Rielaborando questo trauma Martina è riuscita a cambiare e ad uscire da questa trappola dell’inconscio.

L’inconscio spesso ci spinge a capire, a ripetere situazioni del passato e il mezzo con cui lo fa è far sentire la persona innamorata di qualcuno che non ha le caratteristiche per farci stare bene, per comprendere se quello che si sta vivendo è vero amore è necessario analizzarlo, bisogna stare attenti a non proiettare sulla persona qualità che non le sono proprie, chiedersi se si tratta solo di attrazione fisica (a volte agisce come una droga), se la persona si comporta in modo irrispettoso con noi, se condivide i nostri valori e progetti di vita, se è equilibrato nel rispetto degli spazi di libertà…se ci si sente dipendenti da questa persona bisogna andare alla ricerca del motivo inconscio che ha fatto scattare tale bisogno.

Uomini e donne incoerenti in amore

Spesso capita di ricevere in terapia persone che giungono con la motivazione di non credere più nella propria capacità di giudizio. Ci si sente completamente spaesati quando si percepisce di avere sbagliato nel valutare un compagno o una compagna, non ci si fida piu’ di se stessi. Elena in studio appare estremamente sofferente, si chiede come sia possibile che il fidanzato che fino al giorno prima le proclamava il suo amore, l’abbia lasciata, Marco racconta di una compagna che faceva progetti di vacanza insieme e che poi, senza apparente motivo, senza alcun preavviso lo lascia.

Per recuperare la fiducia nelle proprie capacità di valutare gli individui che incontriamo è dunque importante analizzare insieme tutte le fasi del rapporto…possono così emergere comportamenti del compagno a cui non si è dato peso ma che in realtà potevano far presagire il triste epilogo, piccoli episodi che stidevano rispetto all’idea che il paziente si era fatto della propria storia d’amore e che per questo, per bisogno di coerenza (il cervello ha sempre bisogno di coerenza), aveva rimosso o sminuito.

A volte ci si trova dinanzi a persone il cui linguaggio non corrisponde al comportamento, individui molto capaci sul registro verbale, in grado di tessere meravigliose storie d’amore tramite messaggi, in grado di far innamorare creando desiderio, in un sapiente gioco di presenza e assenza, pur tuttavia si tratta di una trama teatrale che non trova riscontro nei comportamenti. Il terapeuta puo’ aiutare a svelare le incoerenze, gli indizi che avrebbero creato allerta se considerati, in modo da recuperare pienamente l’autostima e la fiducia in se stesso del paziente.

 

Perchè proprio a me è capitata questa tragedia?

Da 18 anni ormai ascolto storie di vita e questa frase è quella che sempre ascolto durante la prima seduta. Si possono forse paragonare le tipologie di dolore? Il dolore ha mille facce e ognuna pesa per il paziente nello stesso modo perchè è la sua personale esperienza, tuttavia egli pensa che nessuno sta soffrendo come lui, che gli altri sono tutti più felici e fortunati…che ingiustamente il destino si è accanito contro di lui. Francesca a quarant’anni ha scoperto di avere un tumore al seno, Maria ha visto il marito ammalarsi di una grave patologia psichica, Franco ha sviluppato a cinquant’anni una dipendenza da gioco d’azzardo, Livia dipende dal cibo, Martino dipende dalla cocaina, Debora a soli vent’anni ha visto morire tragicamente la madre…e potremmo continuare ancora ed ancora ad elencare le mille forme di dolore, queste persone sono quelle che gni giorno incontriamo sul lavoro, a scuola, in palestra, sono le persone di cui non sappiamo nulla, sono quelle persone “gli altri” che noi pensiamo essere pienamente felici e fortunate, scopriamo dunque che la vita perfetta non esiste e che ogni essere umano che noi incrociamo ha avuto, ha o avrà la sua dimensione di dolore. E’ importante sapere che non si è soli ad affrontare quel dato disagio ma moltissime persone lo stanno vivendo in questo momento è inoltre importante sentire che qualunque problema si abbia, è possibile risolverlo, c’è la soluzione, anzi spesso ce ne sono molte, pensarlo invece come immenso, pensarlo come una montagna insormontabile ci farà sentire completamente sopraffatti. Il terapeuta può testimoniare la realtà della vita perchè ascolta la parte nascosta della vita delle persone perchè la società oggi non ci permette di condividere apertamente il dolore, il dolore deve essere celato al mondo esterno. Si scopre dunque che la frase “Perchè è accaduto proprio a me” non ha più ragione di essere pronunciata, in terapia possiamo riequilibrare i vari aspetti della vita, possiamo metabolizzare il dolore, possiamo guardare avanti con energia nuova, lasciarci alle spalle la tragedia e ricominciare a vivere.

 

Quella sensazione di vuoto

Domanda:

Buongiorno, mi chiamo Elisabetta, ho 40 anni e da sempre, fin da quando ne ho memoria, sono stata una persona schiva e solitaria, non perché non volessi la compagnia degli altri ma perché temevo di non piacere, di essere sbagliata, temevo che la gente potesse deridermi, perché non mi sono mai sentita abbastanza.. abbastanza interessante per sostenere conversazioni, abbastanza bella per piacere ai ragazzi.. eccetera.. adesso qualcosa è precipitato nella mia vita, e da un anno a questa parte sono tormentata dall’idea di aver buttato via la mia vita, dall’idea che sia troppo tardi, dall’idea di essere vecchia e in più un senso di vuoto mi attanaglia quando entro in casa, un senso di vuoto insostenibile, vivo sola, in passato ho avuto qualche compagno.. e lo scorso anno è morto mio padre. Io ho paura delle psicoterapie che durano anni, non voglio dipendere da un terapeuta e poi, non me le potrei permettere, non guadagno molto.
La ringrazio in anticipo se vorrà rispondermi, sto davvero male.

Risposta:

Cara Elisabetta innanzitutto vorrei complimentarmi con te perché con questa e mail hai dimostrato forza, hai compiuto un primo passo, ti sei finalmente aperta al prossimo, hai parlato per la prima volta dei tuoi problemi e questa è la prima azione da compiere sulla strada del cambiamento. Sei stata brava inoltre perché hai colto in te il momento oltre al quale sarebbe stato pericoloso andare, secondo me ti è necessario un percorso terapico in cui analizzare i tuoi punti di forza, in cui elaborare la grave perdita che hai vissuto, in cui esplorare nuove strade da intraprendere nel lavoro, nelle relazioni.. il terapeuta ti guiderà e ti sosterrà in questo passaggio, a seguito di questo percorso il senso di vuoto di cui parli sparirà, ne ho centinaia di testimonianze, di pazienti che, come te, descrivevano questa sensazione così pervasiva e devastante e poi sono riusciti a contenerla.
Tu ti eri creata un equilibrio basato su alcune certezze che venendo improvvisamente meno ti hanno destabilizzata, ora bisogna portarne alla luce altre per far emergere un nuovo più stabile equilibrio, stai tranquilla, io sono contraria alle terapie lunghe, se deciderai di rivolgerti a me, ci daremo un tempo definito entro cui realizzare degli obiettivi, il primo step sarà di due mesi, vedendoci una volta alla settimana poi, solo se sarà necessario, considereremo un nuovo livello con differenti obiettivi, sempre di otto sedute al termine del quale rivaluteremo la situazione, i progressi raggiunti, il miglioramento dello stile di vita.

I principi della DBT in azione.

Questo testo è rivolto a tutti gli studenti del settore socio assistenziale, gli psicologi gli psicoterapeuti, i medici …

I Sogni

Questo testo tratto dagli scritti di Edgar Cayce è davvero interessante, analizzando i nostri sogni possiamo trarre nuove …

Dipendenza da videogiochi.

Francesco ha 17 anni, da un anno a questa parte passa quasi tutta la sua giornata davanti al computer a giocare ai videogiochi, …