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Dipendenza da videogiochi.

Francesco ha 17 anni, da un anno a questa parte passa quasi tutta la sua giornata davanti al computer a giocare ai videogiochi, spesso si rifiuta di andare a scuola, quest’anno ha fatto moltissime assenze, i genitori sono disperati, non sanno come agire, ormai i rapporti tra loro e Francesco sono improntati su urla e litigi, il padre ha provato a sequestrare il dispositivo ma a ciò il ragazzo ha reagito con una vera e propria crisi di astinenza, arrabbiandosi, distruggendo gli oggetti della stanza…in un momento successivo i genitori sono riusciti a far ammettere a Francesco che ha bisogno di aiuto e a convincerlo a venire in terapia. Francesco accetta di buon grado l’ora di terapia, racconta di come si senta finalmente bene solo quando è un personaggio…è altro da sè, nella vita reale non si sente bene con se stesso e non si sente bene con gli altri. E’ da qui che partiamo a lavorare, sulla differenza tra vita reale e vita fittizia, analizziamo tutti i ricordi del passato in cui si è sentito accettato e valutiamo la possibilità che questo possa nuovamente accadere, analizziamo come vede i suoi amici e compagni di classe, l’immagine che ha di loro e di se stesso in rapporto a loro, analizziamo il rapporto con l’altro sesso.

Piano piano sento in lui la voglia di uscire dal proprio guscio, riprende in lui la voglia di giocare a calcio, comincia a parlarmi di una ragazza, tanto più la vita reale diventa appetibile agli occhi di Francesco tanto meno sono le ore che dedica ai videogiochi, l’allenatore lo valorizza in campo, entra in una compagnia, avanza il desiderio di un viaggio a Londra, si sente padrone della propria vita e ha voglia di pilotarla verso progetti futuri, cosa che prima sembrava impossibile, a vivere prima erano i suoi personaggi non lui, erano loro ad avere una vita interessante, esaltante e vincente.

Ho impostato la terapia con sedute monosettimanali di un’ora. Ho effettuato anche alcune sedute con ciascun genitore visto singolarmente per poter analizzare le dinamiche tra i genitori e tra loro e Francesco e poter dare loro consigli su come comportarsi. Il percorso ha richiesto cinque mesi, in questo caso specifico.

Affrontiamo il sovrappeso in terapia.

Maddalena ha vent’anni studia all’università proprio ciò che le piace e lo fa con profitto ma è molto ansiosa, ogni esame per lei è un tormento, non ha fiducia in se stessa, teme il giudizio altrui, dopo essere uscita con gli amici pensa a lungo ad ogni parola detta per paura di aver sbagliato qualcosa, la sera a volte ha attacchi di pianto, questo senso di disagio che spesso la attanaglia trova conforto nel cibo. Maddalena conosce tutto sulla sana alimentazione, ha letto molti libri, ha consultato nutrizioniste, tuttavia non riesce a seguire la teoria, mangia in modo disordinato soprattutto cibi dolci.

Finalmente ha deciso di venire in terapia dopo due anni in cui aveva provato ad agire sul problema solo agendo sul versante alimentare, insieme abbiamo optato per un approccio psicodinamico andando a lavorare sui traumi infantili, sul rapporto genitoriale, sullo sviluppo della sua personalità, andando a rafforzare la sua consapevolezza di sè, il percorso ha richiesto in questo caso specifico sette mesi di lavoro, al termine dei quali Maddalena ha ripreso in mano la sua vita con più gioia, riacquisendo il controllo dei propri comportamenti alimentari e acquisendo più sicurezza nei rapporti interpersonali.

Che cos’è l’amore. Non fidarti dell’istinto in amore.

Martina giunge in terapia completamente sconvolta, ha una relazione da tre anni con Matteo un uomo di vent’anni più grande di lei, la storia tra loro non è felice ma lei non riesce a lasciarlo. Matteo è un libero professionista molto affermato in campo artistico e Martina avrebbe voluto apprendere da lui tale arte ma Matteo è molto geloso dei suoi segreti e non le ha insegnato nulla..anzi la sminuisce di continuo, la umilia non fa che decantare quanto lui alla sua età fosse performante, Matteo la relega a ruoli secondari, non le dà attenzioni e sfoga con urla e lancio di oggetti le frustrazioni della sua giornata.

Cerco con Martina di capire cosa ami di lui facendo domande mirate e la risposta è sempre “no”. “Ti coccola?, Ti stimola culturalmente? Ti conivolge nelle sue uscite con gli amici? Ti dice cosa apprezza di te?…Le domande sono tante ma la risposta è sempre “no”. Ora ciò che è importante capire è perchè Martina sente il bisogno di stare con quest’uomo che la fa sentire una nullità, che la relega nei suoi ritagli di tempo, che non la coinvolge nelle sue relazioni sociali. L’istinto la spinge verso di lui, lei si sente innamorata di lui. La risposta sta in una coazione a ripetere, c’è stata nel passato di Martina una relazione che non è andata a buon fine e che il suo inconscio la spinge a ripetere affinchè abbia finalmente un esito diverso, una relazione tra lei e la madre, tra lei ed il padre, oppure una relazione che i genitori di Martina avevano tra loro o con altri significativi…un tipo di relazione che l’inconscio di Martina vuole capire vuole dominare…vuole risolvere, dunque Martina non è davvero innamorata di quest’uomo ma quest’uomo è solo un mezzo per risolvere altro. Nel caso specifico abbiamo individuato nella relazione che la madre di Martina ebbe con un uomo che non era il padre, ciò che l’inconscio di Martina voleva comprendere rivivendola, la madre di Martina era fuggita con quest’uomo quando lei aveva solo 11 anni e poi questa relazione si era rivelata distruttiva per la madre proprio per le caratteristiche dell’uomo in questione, caratteristiche molto simili al suo attuale compagno. Rielaborando questo trauma Martina è riuscita a cambiare e ad uscire da questa trappola dell’inconscio.

L’inconscio spesso ci spinge a capire, a ripetere situazioni del passato e il mezzo con cui lo fa è far sentire la persona innamorata di qualcuno che non ha le caratteristiche per farci stare bene, per comprendere se quello che si sta vivendo è vero amore è necessario analizzarlo, bisogna stare attenti a non proiettare sulla persona qualità che non le sono proprie, chiedersi se si tratta solo di attrazione fisica (a volte agisce come una droga), se la persona si comporta in modo irrispettoso con noi, se condivide i nostri valori e progetti di vita, se è equilibrato nel rispetto degli spazi di libertà…se ci si sente dipendenti da questa persona bisogna andare alla ricerca del motivo inconscio che ha fatto scattare tale bisogno.

Perchè proprio a me è capitata questa tragedia?

Da 18 anni ormai ascolto storie di vita e questa frase è quella che sempre ascolto durante la prima seduta. Si possono forse paragonare le tipologie di dolore? Il dolore ha mille facce e ognuna pesa per il paziente nello stesso modo perchè è la sua personale esperienza, tuttavia egli pensa che nessuno sta soffrendo come lui, che gli altri sono tutti più felici e fortunati…che ingiustamente il destino si è accanito contro di lui. Francesca a quarant’anni ha scoperto di avere un tumore al seno, Maria ha visto il marito ammalarsi di una grave patologia psichica, Franco ha sviluppato a cinquant’anni una dipendenza da gioco d’azzardo, Livia dipende dal cibo, Martino dipende dalla cocaina, Debora a soli vent’anni ha visto morire tragicamente la madre…e potremmo continuare ancora ed ancora ad elencare le mille forme di dolore, queste persone sono quelle che gni giorno incontriamo sul lavoro, a scuola, in palestra, sono le persone di cui non sappiamo nulla, sono quelle persone “gli altri” che noi pensiamo essere pienamente felici e fortunate, scopriamo dunque che la vita perfetta non esiste e che ogni essere umano che noi incrociamo ha avuto, ha o avrà la sua dimensione di dolore. E’ importante sapere che non si è soli ad affrontare quel dato disagio ma moltissime persone lo stanno vivendo in questo momento è inoltre importante sentire che qualunque problema si abbia, è possibile risolverlo, c’è la soluzione, anzi spesso ce ne sono molte, pensarlo invece come immenso, pensarlo come una montagna insormontabile ci farà sentire completamente sopraffatti. Il terapeuta può testimoniare la realtà della vita perchè ascolta la parte nascosta della vita delle persone perchè la società oggi non ci permette di condividere apertamente il dolore, il dolore deve essere celato al mondo esterno. Si scopre dunque che la frase “Perchè è accaduto proprio a me” non ha più ragione di essere pronunciata, in terapia possiamo riequilibrare i vari aspetti della vita, possiamo metabolizzare il dolore, possiamo guardare avanti con energia nuova, lasciarci alle spalle la tragedia e ricominciare a vivere.

 

Esercizi di ipnosi per tutti: 2) L’ancoraggio

Come promesso abbiamo inaugurato la sezione esercizi d’ipnosi per tutti in cui spiegheremo ben 50 esercizi per giungere al pieno benessere,  qui siamo al secundo esercizio: l’ancoraggio. Cos’è l’ancoraggio? A cosa serve? Come si fa?

Ancoriamo, leghiamo, un gesto, in questo caso il pugno, ma potremmo scegliere un qualunque altro gesto a voi congeniale, ad emozioni e sensazioni positive. Per illustrare il procedimento prendiamo ad esempio l’ancoraggio fatto da Maria.

Facciamo accomodare Maria su una poltrona comoda, in un ambiente accogliente e silenzioso. (Nel mio studio amo avere anche oggetti che ruotano senza fare rumore, catalizzano l’attenzione e facilitano lo stato ipnotico)

Chiediamo a Maria qual’e’ l’attività in cui si sente piu’ pienamente soddisfatta e felice, (ognuno di voi puo’ pensare al proprio momento di maggiore benessere), Maria risponde che è quando dipinge, quando è al tavolo da disegno e si dedica con tutta se stessa all’opera che sta creando, allora si sente davvero bene, le chiediamo di esplicitare che sensazioni prova, lei risponde leggerezza, mente libera, sensazione che il tempo voli, allegria, consapevolezza del proprio valore.

Le chiediamo di visualizzare l’attivita’, Maria si visualizza mentre svolge l’attivita’,  le chiediamo di sentirsi protagonista dell’attività, di vivere le sensazioni che di solito vive quando la svolge, le chiediamo di prendersi tutto il tempo che le serve perchè l’immersione sia piena e sentita e quando le espressioni del volto dimostrano che è davvero gioia e benessere quello che prova allora le chiediamo di stringere forte il pugno della mano sinistra e poi rilasciarlo per tre volte infine le diciamo: “Tutte le volte che tu ripeterai questa sequenza in qualunque posto ti troverai tu rivivrai queste belle sensazioni”.

Abbiamo ancorato il gesto del pugno stretto e rilasciato per tre volte alla situazione emotiva in cui Maria sente di stare meglio, ora Maria potra’ indursi uno stato di benessere allorquando ne avra’ bisogno, quando sarà al lavoro, quando sara’ in famiglia…

Ideale prima di svolgere la sequenza sarebbe concedersi 15 minuti di concentrazione sul respiro, lasciate che i pensieri scorrano nella mente senza porvi attenzione e riportate ogni volta l’attenzione al respiro, all’aria che entra ed esce dalle narici lasciando che lo sguardo si posi senza alcuna intenzione sugli oggetti della stanza, potete in alternativa accendere una candela e lasciare che lo sguardo si fissi sul variare delle dimensioni della fiamma per 15 minuti, lasciando che la mente si liberi da qualunque pensiero che non sia la fiamma stessa.

L’esercizio dell’ancoraggio ha tante possibili varianti, una variante è quella di porre un cenchio ai propri piedi, visualizzare la situazione di benessere all’interno del cerchio, fare un passo entrare nel cerchio e fissare l’identificazione con tale stato emotivo con un particolare gesto (il pugno in questo caso).

 

Le tecniche ipnotiche per tutti: 1) Tecnica per smettere di fumare

Da qui partono le descrizioni delle tecniche ipnotiche per tutti, vi spighero’ 50 teniche ipnotiche utili per affrontare le piu’ disparate problematiche, che potrete provare tranquillamente da soli a casa vostra, per ciascun problema proveremo piu’ tecniche differenti, tutte basate sull’induzione di suggestini ipnotiche. Vi sono molte tecniche per smettere di fumare questa si basa sull’individuazione del momento d’innesco.  la difficoltà sta proprio nel trovare l’esatto momento di innesco. Bisogna individuare la prima immagine, il primo frame, da cosa si comincia, qual è l’istante piu’ bello. La domanda è: Come fai a farti venire voglia di fumare?

Mettetevi comodi, seduti su una poltrona in salotto, quando la casa è in assoluto silenzio e potete concentrarvi e seguite il processo che ha seguito Giuseppe, chiedetevi quale istante della sequenza-sigaretta vi provoca piacere e desiderio.

La situazione perfetta sarebbe quella di concentrarsi  15 minuti sul proprio respiro svuotando la mente da qualunque pensiero  lasciando che lo sguardo si posi sugli oggetti della stanza  prima che si cominci la successiva sequenza-fumo.

Giuseppe dice che tira fuori la sigaretta con la mano destra e se la pone tra le labbra…non tra i denti ma tra le labbra è da li’ che gli parte la voglia di fumare e’ da li’ che prova piacere. Allora facciamo un breve filmato mentale, lui che con la mano destra si porta la sigaretta alla bocca e la pone tra le labbra e lasciamo sorgere il senso di piacere (in quest’esperienza si percepiscono suoni? Odori? Che colori vediamo?  Ci sentiamo protagonisti del filmato o semplici osservatori esterni? Poi chiediamo a Giuseppe di scattare una singola foto mentale dell’evento, lui con la sigaretta tra le labbra (che colori ci sono in questa foto? Quanto è  grande?) Prendiamoci tutto il tempo necessario per descrivere con calma tutti i particolari. (La vostra sequenza -fumo sara’ differente da quella di Giuseppe, ricostruitela in base alle domande e individuate il vostro specifico momento di piacere)

Ora ci portiamo su un’altro piano: Cosa faresti se tu non avessi il vizio del fumo? Giuseppe dice che giocherebbe meglio a calcio, ora si sente limitato e gli viene subito il fiatone.

Gli chiediamo di Immaginare un bel video in cui lui, prestante ed atletico gioca a calcio al massimo delle sue possibilita’. Anche qui gli chiediamo: Che colori vedi? Che sensazioni provi? Ci sono suoni? Ci sono odori? Sei pienamente protagonista o ti guardi come in un fulm? L’immagine è grande, a tutto schermo? E’davvero molto importante prendersi tutto il tempo necessario per rispondere a tutte le domande con dovizia di particolari.

Scatta ora una foto mentale nell’istante in cui ti percepisci meglio.

Ora abbiamo due foto una prima foto di Giovanni con la sigaretta tra le labbra ed una seconda in cui Giovanni gioca a calcio. Partiamo dalla prima foto  e dopo aver contato fino a tre battiamo forte le mani e la sostituiamo con la seconda. Facciamo questo per tre volte.

La comunicazione analogica

La comunicazione analogica è un sistema di comunicazione ipnotica che mette al centro l’emotività dell’individuo.
é attraverso la comunicazione che all’individuo è stata permessa una evoluzione, grazie ad essa abbiamo acquisito un controllo sull’ambiente e sulle nostre modalità di controllo e di risposta ad esso.
Perchè la chiamiamo comunicazione analogica? Perchè la comunicazione che ognuno di noi attua quotidianamente verso se stesso e verso gli altri richiama per analogia il suo vissuto emotivo.
La comunicazione analogica studia il linguaggio della nostra parte inconscia dunque la parte che ha controllo sulla nostra vita. Capita frequentemente che il linguaggio logico e quello emotivo non siano allineati ma contrapposti e per questo l’individuo avverte disagi sofferenza e malumore finanche disturbi del comportamento. I linguaggi emotivi non verbali influenzano molto l’interazione comunicativa e il suo buon esito.
Conoscere questa comunicazione può portare le abilità relazionali di un individuo a grandi livelli può permettergli di generare attrazione nell’altro sesso in modo naturale, può inoltre aiutare l’individuo a conoscere i meccanismi di funzionamento delle proprie emozioni.
E’ possibile grazie alla comunicazione analogica interattiva comprendere con precisione l’origine delle espressioni non verbali ovvero da quali leve emotive esse sono spinte e quali sono i meccanismi che condizionano le nostre scelte e la nostra vita.
Il linguaggio dei nostri interlocutori potrà essere compreso appieno, la comunicazione con noi stessi e con gli altri, conoscendo i meccanismi della comunicazione analogica, apparirà molto più semplice e così pure il perseguimento dei propri obiettivi privati e professionali.
Cosa significa essere felici? E’ felice colui che è in grado di perseguire i propri sogni in piena libertà ed in pace con la propria coscienza.
Per dare un senso alla vita è necessario perseguire dei sogni. Nel momento in cui nella nostra vita ci troviamo tuttavia ad affrontare delle difficoltà nella realizzazione di tali sogni ecco che la nostra volontà e la nostra motivazione subiscono un tracollo e arriviamo a denunciare dei disagi. Volontà e motivazione sono dunque energie di cui l’individuo non può fare a meno, conoscere la comunicazione analogica consente di riattivarle.

Uno stile di vita sano per una vita lunga

Bibliografia di riferimento.

Fitness e Wellness alimentazione e benessere (La biblioteca di Repubblica)
Come stai (rivista mensile Ottobre 2011)
Il cibo e la mente (a cura di Vincenzo Zappa) Guida editore
Mangia che ti passa. Filippo Ongaro Piemme Editore
Per sempre giovani. Fabrizio Durati. Sperling e Kupfer
Perchè mangiamo troppo. David Kessler. Garzanti.
Vivere bene e a lungo. Gianfranco Trapani. Giunti editore
La terapia del cibo. Mulino Don Chisciotte.
Elisir di lunga vita. Silvia Carri. Urra editore.

Dalla ricerca Longevity Project elaborata dall’università della California è emerso che un elemento fondamentale per prolungare la propria vita è praticare una attività fisica.
L’elemento importante che ha messo in luce questa ricerca è che non è importante quando si comincia, il beneficio è immediato. Dunque, anche una persona di cinquant’anni che in vita sua non ha mai praticato alcuno sport può decidere di iniziare, l’attività deve essere blanda, continuativa e regolare, consigliabile è un’attività aerobica di 45 minuti ogni giorno.
Utilissimo, come consiglia Duranti, è il nordic walking (camminata nordica) un tipo di camminata che si avvale dell’ausilio di speciali bastoncini leggerissimi (non sono quelli che di solito si usano in montagna, sono specifici per questa disciplina) la tecnica del nordic consente l’utilizzo di tutti i muscoli del corpo senza gravare in alcun modo sulle articolazioni.
Altri sport adatti a tutti e a tutte le età sono il ciclismo e il nuoto.
Per vivere a lungo poi è necessario limitare il consumo calorico uno studio di St. Louis nel Missouri, conferma che più calorie introduciamo più vengono accelerati i processi di invecchiamento a causa della maggiore produzione di radicali liberi, la regola è tarare l’introduzione di cibo in base al consumo calorico della persona, età, attività lavorativa e sport praticati.
Ma qual è il modo giusto di alimentarsi?
Fare attenzione all’indice glicemico dei cibi e al carico glicemico. Effettuare una colazione sostanziosa, un pranzo equilibrato e una cena leggera, preferire i cibi freschi, quelli integrali e biologici, evitare i cibi in scatola e tutti quei preparati ricchi di conservanti coloranti sali e grassi saturi (esempio sono i cibi pronti solo da scaldare…)
Preferire le carni magre, i pesci ricchi di grassi omega, le verdure e la frutta fresche e variare molto i cibi presenti in tavola in modo da evitare carenze nutrizionali.
Da limitare le farine bianche , lo zucchero, i grassi animali.
E’ necessario pensare al cibo come fosse una medicina in grado di curarci e di mantenerci sani a lungo.
Il cibo non è un nemico da cui difendersi come spesso alcune diete scriteriate fanno pensare, ma il primo alleato
per una vita sana. E’ dunque importante informarsi, leggere le proprietà nutrizionali di ogni cibo per conoscere vitamine, minerali antiossidanti contenuti e cucinare ogni cibo in modo da conservare tale potere ( la cottura al vapore, la cottura a basse temperature, la cottura in liquidi che poi vengano consumati). Una cosa importante è non eliminare mai completamente nessun cibo dalla propria dieta, si può dire “lo consumerò meno di frequente” ma non “lo eliminerò per sempre”, eliminare alcuni cibi specifici o classi di alimenti può portare ad un approccio mentale non sano nei confronti del cibo, ossessioni, ipercontrollo, sensi di colpa, approccio tutto o nulla (o non lo mangio o se lo mangio mi abbuffo) nessun cibo di per sè fa ingrassare ma è da inserire nel bilancio energetico quotidiano-settimanale, valutiamo dunque consumo energetico e fabbisogno calorico, non rendiamo fobico nessun cibo (pizza, gelato, una frittura) se non devo evitarlo per forza saprò inserirlo nella dieta settimanale senza scompensi.

La tua mente può cambiare

“La tua mente può cambiare” è il suggestivo titolo di un libro di Sharon Begley che spiega come i confini tra mente e corpo siano fluidi.

Per testimoniare ciò l’autrice si avvale di numerosi esperimenti di rinomati neuropsichiatri tra cui Helen Neville e Pasqual Leone, le reti neuronali del nostro cervello possono adattarsi a svolgere compiti diversi da quelli per cui sono nate, aree normalmente deputate all’elaborazione di segnali visivi possono elaborarne di uditivi e la nostra volontà, l’esercizio e l’ambiente che ci circonda possono influenzarne lo sviluppo.
Di questo si occupa la neuroplasticità, la nostra mente può cambiare modificando in contemporanea la struttura fisica cui è connessa.
I pensieri possono modificare la sruttura cerebrale, possono ampliare aree cerebrali che normalmente si attivano quando si prova uno stato di benessere.

Ecco che coltivare pensieri positivi, un approccio ottimista alla vita, non diventa più solo un semplice consiglio ma trova un riscontro scientifico.

La mente si può allenare così come si allena il corpo?

Sempre più ricerche confermano questa ipotesi, l’attenzione, la memoria, le abilità (Ericsson K, Le abilità si ottengono con l’esercizio) la concentrazione, possono aumentare ma anche la gioia di vivere può farlo e metodiche di neuroimaging possono confrontare cervelli di persone che sono affette da depressione a persone che coltivano stati di benessere paragonando le differenze fisiche degli stessi, il cervello è plastico e “pensare pensieri differenti” ne modifica la stuttura.

Studiando i cervelli di monaci buddisti tibetani notoriamente dediti per molte ore al giorno alla meditazione con oggetto la pace e l’amore per tutti gli esseri viventi si è visto che la loro struttura cerebrale è differente. Da loro si stanno mutuando tecniche volte all’allenamento mentale che possano trasformare stati depressivi e nevrotici.

Articoli sempre più frequenti (vedi “Mente e cervello”, febbraio 2010 e Psicologi a confronto n2, 2009) si stanno occupando della Mindfulness, una teoria psicologica mutuata dal buddismo che utilizza come strumento la meditazione.

La Mindfulness è la consapevolezza delle proprie sensazioni corporee, psicologiche e spirituali che emergono quando ci spingiamo a considerare la nostra esistenza nell’istante stesso in cui la sensazione si manifesta. Ci si pone come testimone non giudicante così da essere consapevoli di ciò che accade mentre sta accadendo risvegliandoci dagli automatismi che portano a vivere in modo meccanico.

Il fine è l’estinzione di uno stato di malessere attraverso un percorso di non reattività (percepire sentimenti ed emozioni senza dovervi reagire, senza giudicare, prestare attenzione momento per momento, gingere al proprio sè autentico essendo in grado di delineare se stessi, le proprie convinzioni emozioni ed obiettivi, coltivare il piacere della relazione e l’amore per il prossimo. Un testo base è quello di D.Siegel dal titolo “Mindfulness e cervello”.

Quando andare da un terapeuta

Può essere difficile decidere il momento più opportuno per rivolgersi ad un terapeuta, spesso si pensa che la situazione che si sta vivendo non sia “poi così grave” e per questa ragione si staziona più a lungo nel disagio.

In assoluto non esiste un motivo più valido di un altro per chiedere aiuto, qualunque situazione impedisca alla persona di avere una soddisfacente vita familiare, sociale, lavorativa, deve essere affrontata.

Se si percepisce che qualcosa nella propria vita è cambiato, che ci si sente limitati nel normale svolgimento della vita quotidiana, se si percepisce un senso di sofferenza, qualunque ne sia la ragione, essa è un valido motivo per giungere in terapia, (Maria, 19 anni, dice “mi sento sciocca se penso che ciò che mi fa star male è così banale, quando c’ è gente che ha malattie incurabili, c’è gente che muore…), Maria, acquisendo coraggio, dando giustamente voce al suo malessere dà importanza a se stessa, il problema infatti acquista consistenza solo all’interno della storia della persona, e solo lì può esser valutato, non al di fuori.

Quando è utile una psicoterapia?

La terapia è utile se la persona si rivolge volontariamente al terapeuta, se è motivata al percorso terapico. Il paziente al termine della prima seduta decide se intraprendere un percorso con quello specifico terapeuta o contattarne degli altri, è molto importante che egli possa scegliere in assoluta libertà, che senta se, con quello specifico professionista, si sente o meno a proprio agio nel parlare di sè.

Per quali ragioni è utile rivolgersi ad un terapeuta?

Ci si può rivolgere ad un terapeuta anche se non si sta vivendo uno stato acuto di sofferenza, anche per far chiarezza su alcuni punti della propria vita, per comprendere meglio alcune cose che stanno accadendo in se stessi o nel mondo fuori.

Il terapeuta ha ascoltato centinaia di storie di vita dunque si fa portatore di un grande bagaglio di esperienze, è lì a testimoniare che moltissime altre persone han provato quello stesso disagio, che non si è soli, non si è “strani” nè “matti”. Non c’è nulla che non possa essere affrontato e superato..

La durata della terapia è variabile, dipende dal percorso che è necessario fare, può durare anche solo pochi mesi, la singola seduta ha durata di cinquantacinque minuti, ci si incontra una o due volte la settimana nello studio del terapeuta. Lo psicoterapeuta non prescrive farmaci ma può seguire un paziente che è in cura presso uno psichiatra e sta seguendo una terapia farmacologica, i due percorsi possono andare di pari passo, per condurre il paziente ad uno stile di vita migliore.

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